domenica, maggio 03, 2009 by Luigi De Marchi
Uno dei tanti miserandi spettacoli della sinistra odierna è il furore sessuofobico e benpensante con cui si è scagliata contro Berlusconi per i favoritismi politici elettorali che avrebbe concesso ad alcune candidate provenienti dal mondo dello spettacolo e sinteticamente definite “Veline”.Se penso alle battaglie che io stesso ho combattuto, poi imitato dalle femministe e dai laici duri e puri, in favore di una liberalizzazione della morale sessuale e di una lotta risoluta contro la sessuofobia imperante, mi vengono i brividi nel vedere oggi tutta l’informazione stampata e radio-televisiva vicina alla sinistra (subito scimmiottata da quella vicina al centro destra) scatenata nel linciaggio di Berlusconi in nome della morale sessuofobica.
Il paradosso è che, ormai, i ruoli sembrano essersi ribaltati.
Così mentre, nei primi anni 2000, a linciare il Presidente Clinton per la sua breve avventura con Monica Lewinsky fu la destra politica e religiosa americana con i magistrati ad essa devoti, la posizione della Chiesa Cattolica, su questi temi, sembra molto meno rigorista.
Già nel 2003, l’allora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Mons. Ennio Antonelli, esortò gli elettori italiani a non badare troppo alla vita privata dei candidati, lasciando intendere che i vizi privati posso ottimamente coesistere con le pubbliche virtù. “Nel votare i candidati alle elezioni – scrisse allora Mons. Antonelli - gli elettori cristiani devono tener presenti soprattutto i progammi, le dichiarazioni e i comportamenti politici dei candidati stessi: e solo in via subordinata la loro vita privata”.
Confesso che tra la posizione indulgente di Antonelli e quella persecutoria dei rigoristi americani pronti a liquidare un grande Presidente come Clinton per la sua scappatella con Monica Lewinsky, preferisco sicuramente la prima.
Beninteso, nell’uno come nell’altro caso emerge lampante il conflitto fondamentale tra l’etica sessuofobica di stampo tradizionale e la realtà ben diversa della vita emozionale e sessuale di tutti noi e di molti leaders politici (e perfino religiosi).
Questa realtà deve fare i conti con due leggi psicologiche molto forti: in primo luogo, con l’inevitabile attenuazione dell’attrazione passionale dei partner di ogni coppia, col passare del tempo; in secondo luogo coll’attrazione, non di rado ricambiata, che molti uomini attempati provano per le donne belle e giovani.
La prima legge porta spesso sia l’uomo che la donna a perdere l’iniziale attrazione passionale per la moglie e per il marito, per la compagna o per il compagno, pur conservando e magari sviluppando nei suoi confronti un vincolo affettivo profondo.
Questo fenomeno è stato brillantemente descritto da Roman Polansky nel famoso film “Luna di Fiele”, nel quale i due protagonisti, dopo aver tentato invano di risuscitare la passione d’un tempo con i più complicati e grotteschi giochi erotici, alle fine restano legati solo dall’odio e dal risentimento.
La seconda legge ha, credo, radici molto antiche, che risalgono ai primordi stessi dell’evoluzione umana.
In molte specie di mammiferi superiori, comprese le scimmie antropoidi e gli ominidi, ogni branco è guidato da un maschio adulto e dominante che si assicura il possesso di tutte le femmine, combattendo feroci battaglie con gli altri maschi e costringendoli alla fuga almeno fin quando un altro maschio più giovane è in grado di vincerlo e detronizzarlo, assumendone il ruolo dominante nel branco.
L’ovvia finalità biologica di questa organizzazione sociale è di garantire che tutte le femmine siano fecondate da maschi eccezionalmente dotati e che, quindi, questo valido patrimonio genetico possa trasmettersi ai cuccioli, mantenendo la specie a livelli ottimali di forza e di resistenza.
Ma il risultato psico-biologico di questa legge è che in molte femmine dei mammiferi superiori è forte, da milioni di anni, la tendenza a provare attrazione per i maschi adulti e dominanti e ad accoppiarsi con loro.
Certo, tra gli umani, il dominio non è più legato alla potenza fisica, ma ad altri tipi di potere, volta a volta economico, sociale, intellettuale, culturale o politico.
A sua volta il maschio umano è attratto dalla femmina giovane non solo perché sente in lei una partner più feconda e robusta ma anche e forse soprattutto perché essa placa in lui un’emozione tipicamente ed esclusivamente umana – e cioè l’angoscia della morte e della vecchiaia – e lo fa sentire ancora giovane ed affascinante.
Insomma, quest’attrazione tra maschio dominante e femmine giovani non è, come di solito pensano i moralisti, solo il prodotto di biechi calcoli opportunisti dell’uno e dell’altra ma anche di potenti spinte psico-biologiche, spesso contrastanti con le norme sociali delle società monogamiche.
(E in proposito ho realizzato proprio recentemente, con Sara Santilli e Sergio Bonivento, un atto unico intitolato “Gl’infedeli e le spietate” che è attualmente in onda su “Second TV”, un canale del digitale terrestre.)
A mio parere, quindi, è augurabile che, nella valutazione delle capacità operative ed intellettuali della persone, e dei politici in particolare, si abbandonino i vecchi moralismi ipocriti che rischiano di assicurare alla collettività solo dirigenti tanto virtuosi quanto mediocri.
So bene che quest’analisi va contro le mode prevalenti ma, per parte mia, ne sono orgoglioso, anche perché tutta la vita mi ha insegnato che, in campo culturale e scientifico, cantare in coro è tipico dei conformisti.
dal blog di Luigi De Marchi
Nessun commento:
Posta un commento