2009-07-13

L'esibizionismo non è sempre un atto osceno (Cassazione 1765/2000)

Mostrare il pene può anche essere invece una forma di ingiuria

L’esibizionismo non sempre è un atto osceno: molestare la vicina di casa mostrando il proprio pene può costituire una forma di ingiuria, una manifestazione di disprezzo che non ha niente a che vedere con il sesso.

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato la condanna per atti osceni inflitta dalla Corte di appello di Milano ad un uomo che, per fare dispetto alla vicina di casa, aveva finto di sbrigare un bisogno nella concimaia per poi esibire l’organo sessuale; la Cassazione ha "derubricato" il reato (da atti osceni a quello, meno grave, di ingiuria), sottolineando come non sempre l’esibizione di organi genitali maschili ad una donna sia offensiva del comune senso del pudore, in quanto tale comportamento può essere compiuto al solo fine di offesa o di disprezzo, anziché al soddisfacimento di impulso sessuale.

Per i Supremi Giudici, quindi, nel caso in esame l’esibizione dei genitali, per il comportamento complessivo dell’imputato, appariva chiaramente "come manifestazione di disprezzo, ossia come volontà di offendere l’onore o il decoro della vicina di casa", e pertanto deve essere qualificato non come "atto osceno" ma come "ingiuria", che può esprimersi, oltre che a parole, anche con "gesti sconci". In sostanza, rilava la Suprema Corte, considerato che gli organi genitali "svolgono anche altre funzioni", "la nudità dei genitali può assumere un diverso rilievo penale in funzione del contesto oggettivo e soggettivo in cui è concretamente inserita".

La Terza Sezione Penale, analogamente a quanto aveva fatto con la sentenza n. 880/2000 a proposito dell’esibizione di un fallo di gomma, ridefinisce il concetto di "osceno" in relazione all’evoluzione del costume sociale, ritenendo contrari al "comune senso del pudore" solo i comportamenti che siano manifestazione di un istinto sessuale, e non la semplice esibizione di organi genitali (veri o finti) non accompagnati dalla volontà di soddisfare la propria "libido". (7 marzo 2000)

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